L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 Quest’è comune usanza;
 e saria il non averlo una increanza.
 LISETTA
1155Ma il marito?
 CLARICE
                            Il marito,
 fra i lunatici umori il più corrente,
 trova egli stesso il cavalier servente. (Via)
 
 SCENA III
 
 FLAMINIA e LISETTA
 
 FLAMINIA
 Possibile, o Lisetta,
 che ti lasci acciecar dall’ambizione?
1160E non vedi che questa è una illusione?
 LISETTA
 Olà, come parlate? (Si alza)
 FLAMINIA
 Si fan delle risate
 a causa della sua sciocca credenza.
 LISETTA
 Cos’è questa insolenza?
 FLAMINIA
1165Il lunatico impero
 terminerà in fischiate.
 LISETTA
 Io sono imperatrice e voi crepate.
 
    Se hai vago il sembiante,
 le luci serene,
1170non esser ingrata
 con tanto rigor.
 
    Son troppe le pene
 dell’alma agitata,
 del povero cor.
 
 SCENA IV
 
 LISETTA solo
 
 LISETTA
1175Oh guardate, garbata signorina!
 Con me che son regina e monarchessa
 voler venir a far la dottoressa?
 Ma purtroppo è così. Quando si dona
 a certa gente bassa
1180un po’ di confidenza,
 convien sempre temer qualche insolenza.
 
    Quando si trovano
 le basse femmine,
 dicono, parlano
1185sempre così.
 
    «Ehi non sapete?
 Nina l’ha fatta».
 «Che cosa dite?»
 «Lilla fuggì».
 
1190   Le triste femmine
 sono così.
 
 SCENA V
 
 Sala e trono.
 
 ECCLITICO, BONAFEDE, CECCO, ERNESTO e seguito
 
 CECCO
 Uomo sublunare,
 in questo nostro mondo
 le figlie, quando sono da marito,
1195si maritano tosto e non si aspetta,
 come talor nel vostro mondo usate,
 che le femmine sian quasi invecchiate.
 BONAFEDE
 Eh signor, le mie figlie
 son pure ed innocenti.
 CECCO
                                            E pur si dice
1200che le femmine vostre
 nascon laggiù colla malizia in corpo.
 ECCLITICO
 È vero, dite bene;
 appena una ragazza sa parlare,
 principia a ricercare
1205cosa vuol dir sta cosa e poi quest’altra
 e con il praticar diventa scaltra.
 Le fanciulle alla moda
 sanno dove che il diavolo ha la coda.
 BONAFEDE
 Ma Flaminia non sa, non sa Clarice
1210distinguer dalla rapa la radice.
 CECCO
 Orsù, se queste figlie
 hanno da star quassù,
 maritarle conviene,
 altrimenti così non stanno bene.
 BONAFEDE
1215Io mi rimetto a quello che farà
 vostra più che lunare maestà.
 ECCLITICO
 Ecco viene Flaminia, ecco Clarice,
 corteggiando la nostra imperatrice.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Tutti
 
 LISETTA
 Brave, brave, ragazze, mi piacete.
1220Se voi mi servirete,
 la mancia vi darò
 e quanto prima vi mariterò.
 CECCO
 Sposa, venite in trono,
 se vostro sposo io sono,
1225vo’ che siam promotori e testimoni
 di due altri felici matrimoni. (Va in trono con Lisetta)
 Espero, a voi destino (Ad Ernesto)
 Flaminia per consorte.
 La prenderete voi?
 ERNESTO
                                      Sì, mio signore,
1230lieto la sposerò con tutto il core.
 CECCO
 E voi, Flaminia bella,
 siete di ciò contenta?
 FLAMINIA
                                         Contentissima.
 ERNESTO
 Sposa mia dilettissima.
 FLAMINIA
 Adorato consorte.
 A DUE
1235Oh felice momento! Oh lieta sorte!
 BONAFEDE
 Oh figlia, oh sangue mio,
 nel vederti gioir giubilo anch’io.
 CECCO
 Ecclitico, a voi tocca
 render lieta e felice
1240con i vostri sponsali anco Clarice.
 ECCLITICO
 Eccomi, pronto io sono
 e della destra sua sospiro il dono.
 CECCO
 Clarice il prenderete?
 CLARICE
                                           E perché no?
 Anzi con tutto il cor lo prenderò.
 ECCLITICO
1245Ecco la mano.
 CLARICE
                            E con la mano il core.
 A DUE
 Oh felice fortuna! O lieto amore!
 BONAFEDE
 Cara la mia figliuola,
 il vederti contenta mi consola.
 CECCO
 Bonafede, che dite?
1250Siete di ciò contento?
 BONAFEDE
                                          Anzi ho piacere
 che sian le mie figliuole maritate.
 CECCO
 Voi stesso l’approvate?
 BONAFEDE
                                            Signorsì...
 CECCO
 Quando dunque è così,
 per maggior sussistenza
1255del loro matrimonio,
 acciò non si rendesse un giorno vano,
 congiungetele voi di vostra mano.
 BONAFEDE
 Sì signor, dite bene;
 questa funzione al genitor conviene.
 
1260   Qua la mano, qua la mano,
 vi congiungo e sposi siete.
 State uniti, se potete;
 fra voialtri non gridate
 e al dovere non mancate
1265della vostra fedeltà.
 
 CECCO
 Orsù tutto è finito. (S’alza)
 Son fatti i matrimoni.
 Bonafede è contento,
 voi siete sodisfatti,
1270ognun vada a goder la sua fortuna.
 E bisogno non v’è più d’altra luna.
 ECCLITICO
 Sì sì, voi dite bene.
 Or che siam maritati,
 or ch’è ognuno di noi lieto e giocondo,
1275tornar tutti potiam al nostro mondo.
 ERNESTO
 Al mondo ritorniamo
 e grazie a Bonafede noi rendiamo.
 BONAFEDE
 Come? Che cosa dite?
 Intendervi non so.
 CECCO
1280Meglio dunque con voi mi spiegherò.
 TUTTI
 
    Questo è quello che succede
 a chi vuol cambiar fortuna.
 Tutto spera e tutto crede
 nelle stelle e nella luna;
1285ma alla fin si pentirà
 chi lunatico sarà.
 
 Fine del dramma
 
 
 IL MONDO DELLA LUNA
 
 
    Dramma giocoso per musica da rappresentarsi sul teatro di Praga nell’anno MDCCLV.
 
 
 PERSONAGGI
 
 FLAMINIA figlia di Buonafede
 ERNESTO
 ECCLITICO finto astrologo
 BUONAFEDE
 LISETTA cameriera
 CLARICE altra figlia di Buonafede
 CECCO servo d’Ernesto
 
 Quattro scolari di Ecclitico, quattro paggi lunari
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Atto primo: terrazzo sopra la casa di Ecclitico con torre nel mezzo, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti, notte con luna e quattro fanali che illuminano il terrazzo; camera in casa di Buonafede, tavolino con lumi e sedie.
    Atto secondo: giardino delizioso in casa di Ecclitico raffigurato nel mondo della luna, ove si rappresentano alcune stravaganze ordinate dall’astrologo per deludere Buonafede; in fondo al giardino evvi un ponte levatore che unisce il giardino al cortile, da cui a suo tempo viene un carro trionfale, indi una machinetta e lateralmente il trono.
    Atto terzo: camera in casa di Ecclitico con tre sedie; sala in casa di Ecclitico con piccolo tempio in prospetto illuminato colla statua di Diana, trono da un lato.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Notte con luna. Terrazzo sopra la casa di Ecclitico con torre nel mezzo, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti. Quattro fanali che illuminano il terrazzo.
 
 ECCLITICO e quattro scolari
 
 ECCLITICO
 Basta, basta, discepoli,
 alla triforme dea le voci giunsero;
 esauditi sarete in breve termine,
 su via, tosto sugli omeri
5prendete l’arcimassimo
 mio canocchial novissimo.
 Drizzatel su la specula
 perpendicolarmente inver l’ecclitica.
 Vuo’ veder se avvicinasi
10de’ due pianeti il sinodo,
 id est quando la luna al sol congiungesi,
 che dal mondo volgare ecclissi appellasi.
 Andate, andate subito
 pria che Cintia ritorni al suo decubito. (Prendono il canocchiale e lo portano dentro alla specula, vedendosi spuntar fuori della sommità della medesima)
15Oh le gran belle cose
 che a intendere si danno
 a quei che poco sanno per natura!
 Oh che gran bel mestier ch’è l’impostura!
 Chi finge di saper accrescer l’oro,
20chi cavar un tesoro,
 chi dispensa segreti,
 chi parla dei pianeti,
 chi vende mercanzia
 di falsa ipocrisia,
25chi finge nome, titolo e figura,
 oh che gran bel mestier è l’impostura!
 Io fo la parte mia
 con finta astrologia,
 ingannando egualmente i sciocchi e i dotti,
30che un bravo cacciator trova i merlotti.
 Eccone uno; ecco quel buon cervello
 del signor Bonafede.
 Da lui, che tutto crede,
 con una machinetta,
35inventata dal mio sottile ingegno,
 far un colpo galante ora m’impegno.
 
 SCENA II
 
 BUONAFEDE e detto
 
 BUONAFEDE
 Si puol entrar?
 ECCLITICO
                               Sì, venga, mi fa grazia.
 BUONAFEDE
 Servo, signor Ecclitico;
 in che cosa si sta lei divertendo?
 ECCLITICO
40Nella speculazion di varie stelle
 stav’or considerando
 l’analogia che unisce
 alle fisse l’erranti,
 al capo di Medusa il Can celeste,
45al cuore del Leon la Spiga d’oro
 ed all’Orsa maggior l’occhio del Toro.
 BUONAFEDE
 Oh bellissime cose!
 Anch’io d’astrologia son dilettante
 ma quel che mi dà pena
50è il non saper trovar dottrina alcuna
 che mi sappia spiegar cos’è la luna.
 ECCLITICO
 La luna è un corpo diafano
 che dai raggi del sol è illuminato;
 ma in quel bel corpo luminoso e tondo
55che credete vi sia? V’è un altro mondo.
 BUONAFEDE
 Oh che cosa mi dite?
 Colà v’è un altro mondo?
 Ma cosa son quei segni
 che si vedon nel corpo della luna?
60So che un giorno mia nonna,
 la qual non era sciocca,
 mi disse ch’ella avea gli occhi e la bocca.
 ECCLITICO
 Scioccherie, scioccherie. Le macchie oscure
 son del mondo lunar colline e monti.
65Non già monti sassosi,
 come da noi veggiam, ma son formati
 d’una tenue materia,
 la qual s’arrende e cede
 alla pression del piede;
70indi s’alza bel bello e non si spacca,
 onde l’uomo camina e non si stracca.
 BUONAFEDE
 Oh che bel mondo! Ma ditemi, amico,
 come siete arrivato
 a scoprir cosa tale?
 ECCLITICO
75Ho fatto un canocchiale
 che arriva a penetrar cotanto in dentro
 che veder fa la superficie e il centro.
 Individua non solo
 i regni e le provincie
80ma le case, le piazze e le persone.
 BUONAFEDE
 Oh bellissima cosa!
 Ma dite, non potrei,
 caro Ecclitico mio,
 col vostro canocchial veder anch’io?
 ECCLITICO
85Perché no? Benché io sia
 solo inventor della mirabil arte,
 voglio che ancora voi ne siate a parte.
 BUONAFEDE
 Obbligato vi sono e vi sarò.
 Vederete per voi cosa farò.
 ECCLITICO
90Nella specula entrate,
 nel canocchial mirate,
 cose belle vedrete,
 cose rare, per cui voi stupirete.
 BUONAFEDE
 Vado e provar io voglio
95se con quel canocchial sì lungo e tondo
 alla luna poss’io veder il fondo.
 Ma chi son quei signori
 che dove io deggio entrar vengono fuori?
 ECCLITICO
 Sono scolari miei,
100amanti della luna come lei.
 
 SCENA III
 
 Li scolari escono dalla specula e s’inchinano a BONAFEDE
 
 BUONAFEDE
 Servitor obbligato.
 ECCLITICO
 Olà, Claudio, Pasquino, (Vengono due servi)
 la machina movete,
 fate ch’ella s’apressi al canocchiale,
105onde mirando in quella
 il signor Bonafede
 movere le figure ad una ad una
 creda mirar nel mondo della luna. (Partono i servi)
 Quanti sciocchi mortali
110con falsi canocchiali
 credono di veder la verità
 e non sanno scoprir le falsità.
 Quanti van scrutinando
 quello che gli altri fanno
115e sé stessi conoscere non sanno. (Si vede accostarsi alla cima del canocchiale una machina illuminata, dentro la quale si muovono alcune figure)
 Il signor Bonafede
 ora di veder crede
 le lunatiche donne sol lassù
 e lunatiche sono ancor quaggiù. (Buonafede esce dalla specula ridendo)
 BUONAFEDE
120Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E cosa mai?
 BUONAFEDE
 Ho veduto una cosa bella assai.
 
    Ho veduto una ragazza
 far carezze ad un vecchietto.
 Oh che gusto, o che diletto
125che quel vecchio proverà.
 
    Oh che mondo benedetto,
 oh che gran felicità! (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
 Se una ragazza fa carezze a un vecchio,
 non la sprona l’amor ma l’interesse.
130Lo vezzeggia, lo adora
 ma che creppi il meschin non vede l’ora. (Buonafede esce dalla specula)
 BUONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E che signore?
 BUONAFEDE
 Una cosa per cui rido di cuore.
 
    Ho veduto un buon marito
135bastonar la propria moglie,
 per correggere il prorito
 d’una certa infedeltà.
 
    Oh che mondo ben compito!
 Oh che gusto che mi dà! (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
140Volesse il ciel che quanto
 fintamente ha mirato
 fosse nel nostro mondo praticato.
 Se gli uomini di garbo
 alle cattive mogli
145desser di bastonate un precipizio,
 avrebbero le donne più giudizio. (Bonafede torna uscir dalla specula)
 BUONAFEDE
 Oh questa assai mi piace!
 ECCLITICO
                                                  Che vuol dire?
 BUONAFEDE
 Ho veduto il contrario
 di quello che fra noi si suol usare,
150da un uomo e da una donna praticare.
 
    Ho veduto dall’amante
 per il naso esser menata
 certa donna innamorata
 che chiedeva invan pietà.
 
155   Oh che usanza prelibata!
 Oh si usasse ancora qua.
 
 ECCLITICO
 E qui ancor si useria,
 se gl’uomini non patisser la pazzia.
 BUONAFEDE
 Caro signor Ecclitico,
160ho veduto gran cose;
 e per farvi veder che son contento,
 questa borsa tenete.
 ECCLITICO
                                        Oh meraviglio!
 BUONAFEDE
 Eh prendetela, via, che io così vuo’.
 ECCLITICO
 Se volete così, la prenderò.
 BUONAFEDE
165Diman ritornerò.
 ECCLITICO
                                   Siete padrone.
 BUONAFEDE
 Certo, quel canocchiale è assai ben fatto.
 Tutto, tutto si vede. Ho un gusto matto.
 
    La ragazza col vecchione,
 uh carina, bel piacere!
170Il marito col bastone,
 bravo, bravo, oh bel vedere!
 Una donna per il naso...
 Che bel colpo! Che bel caso!
 Oh che mondo benedetto!
175Oh che gran felicità!
 
    Che piacere, che diletto,
 o che gusto che mi dà! (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ECCLITICO, poi ERNESTO e CECCO
 
 ECCLITICO
 Io la caccia non fo alle sue monete;
 ma vorrei, se potessi,
180la sua figlia Clarice,
 custodita con tanta gelosia,
 torla dalle sue mani e farla mia.
 ERNESTO
 Amico, vi son schiavo.
 ECCLITICO
 Servo, signor Ernesto.
 CECCO
                                           Riverisco
185il signor segretario della luna.
 ECCLITICO
 Sei pazzo e tal morrai.
 ERNESTO
                                           Veduto uscire
 ho dalla vostra casa
 il signor Buonafede. È vostro amico?
 ECCLITICO
 Amico ed amicone
190della mia professione.
 ERNESTO
 Egli ha una bella figlia.
 ECCLITICO
                                             Anzi n’ha due.
 CECCO
 Anzi rassembra a me
 che colla cameriera n’abbia tre.
 ERNESTO
 Son di Flaminia amante.
 ECCLITICO
195Ed io Clarice adoro.
 CECCO
 Per Lisetta ancor io spasimo e moro.
 ERNESTO
 L’ho chiesta a Bonafede
 ed ei me l’ha negata.
 ECCLITICO
 Spera di maritar le proprie figlie
200con prencipi d’altezza.
 CECCO
                                           E così spera
 a un conte maritar la cameriera.
 ECCLITICO
 Corrisponde Flaminia all’amor vostro?
 ERNESTO
 Mi ama con tutto il cor.
 CECCO
                                             La mia Lisetta
 per le bellezze mie par impazzita.
 ECCLITICO
205E Clarice è di me pur invaghita.
 Ditemi, vogliam noi
 rapirle a questo pazzo?
 ERNESTO
                                             Il ciel volesse!
 ECCLITICO
 Secondatemi dunque e non temete.
 CECCO
 Un ottimo mezzan so che voi siete.
 ECCLITICO
210Di denar come state?
 ERNESTO
                                          Quando occorra,
 io vuoterò l’erario.
 CECCO
 Io sacrificherò tutto il salario.
 ECCLITICO
 Andiamo; ho un machinista
 che prodigi sa far. Con il mio ingegno
215oggi di far m’impegno
 che il signor Buonafede, o sia baggiano,
 le tre donne ci dia colla sua mano.
 CECCO
 Oh bravo!
 ERNESTO
                      E come mai?
 ECCLITICO
                                                Tutto saprete.
 Preparate monete,
220preparate di far quel che dirò
 e la parola mia vi manterrò.
 
    Un poco di denaro
 e un poco di giudizio,
 per far questo servizio,
225vi vuole, già si sa.
 
    Contento voi sarete;
 ma prima riflettete
 che il stolido e l’avaro
 mai nulla ottenerà.
 
 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
230Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
 Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna
 ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
235Tu dici male; Ecclitico è sagace
 e se in ciò noi compiace
 il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
240e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
 Orsù taci e rammenta
 chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
245denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
 mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    La seguitai fedele,
250quando era il ciel sereno;
 fra le tempeste in seno
 voglio seguirla ancor.
 
    Come dell’oro il foco
 scuopre le masse impure,
255scuoprono le sventure
 de’ falsi amici il cor.
 
 SCENA VI
 
 CECCO solo
 
 CECCO
 Qualche volta il padron mi fa da ridere;
 ei segue il mondo stolido;
 cambia alle cose il termine
260e il nome cambia ben e spesso agli uomini.
 Per esempio a un ippocrita
 si dice uom divotissimo;
 all’avaro si dice un bravo ecconomo
 e generoso vien chiamato un prodigo;
265così appella tallun bella la femina,
 perché sul volto suo la biacca semina.
 
    Mi fanno ridere
 quelli che credono
 che quel che vedono
270sia verità.
 
    Non sanno semplici
 che tutti fingono,
 che il vero tingono
 di falsità.
 
 SCENA VII
 
 Camera in casa di Buonafede. Tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
275Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
 a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
280Che badi a’ fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse,
 e dall’aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
285al nostro genitor, convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io, per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
 non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose,
290avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
 non son più tanto austeri.
 Aman la libertade al par di noi
295ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca.
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
300o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
 Ma il segreto io so
 con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
305Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch’io
 con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
310è un uom ch’altro non pensa
 che a contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna, ovvero al sole,
315la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
 un ottimo espediente,
 maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
320Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia
 e il padre a me si oppone,
 io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Nell’orrore di fiera tempesta,
325vede il cielo già torbido e nero,
 ode il mare che mormora e freme
 e confuso, tremante il nocchiero
 già la speme si sente mancar.
 
    Così l’alma che chiudo nel seno,
330agitata da barbare pene,
 il timor del perduto suo bene
 fra l’angoscia la fa palpitar.
 
 SCENA VIII
 
 CLARICE, poi BUONAFEDE
 
 BUONAFEDE
 Brava, signora figlia,
 v’ho detto tante volte
335che non uscite dalla vostra stanza.
 CLARICE
 Ed io tant’altre volte
 mi sono dichiarata
 che non posso soffrir di star serrata.
 BUONAFEDE
 E ben bene, fraschetta,
340so io quel che farò.
 CLARICE
                                     Sì castigatemi;
 cacciatemi di casa e maritatemi.
 BUONAFEDE
 Se io ti maritassi,
 non castigherei te ma tuo marito.